lunedì 2 maggio 2016

GAREGGIARE CON I CAMPIONI DI OGGI...

Tuffarsi dallo stesso trampolino di Tania Cagnotto


I tuffi sono una disciplina sportiva ancora non molto conosciuta a livello italiano, a meno che tu non nasca con il nome di Tania Cagnotto.  Sono uno sport estremamente vario che stimola corpo e spirito, esigendo nel contempo molto da entrambi. Contribuiscono a migliorare la tensione, la mobilità e la forza esplosiva. La capacità di concentrazione, di orientamento nello spazio e di rappresentazione sono solo alcune delle caratteristiche mentali fondamentali per i tuffatori. Una volta acquisite permettono di sperimentare nuovi tuffi più difficili.
I tuffi non sono uno sport semplice per molti aspetti, ma allo stesso tempo regalano mille emozioni. Fisicamente bisogna essere abbastanza elastici, anche se la scioltezza aumenta con l'allenamento. Certo, chi nasce più snodabile parte sicuramente avvantaggiato. Ma non basta. Anche la muscolatura è importante, nella rincorsa (chiamata presalto), nella spinta, nel momento di volo e infine nell'ingresso in acqua che deve avere meno schizzi possibili per aumentare il punteggio della giuria.
Con la partecipazione alle gare nazionali, sia indoor che outdoor, è possibile totalizzare un punteggio che permette all'atleta di gareggiare ai Campionati Assoluti, dove non c'è più una divisione in categorie e anche le piccole promesse si ritrovano faccia a faccia con i grandi campioni. Gli Assoluti sono quindi considerati la più importante manifestazione a livello italiano e già farne parte significa aver raggiunto un ottimo obiettivo. Quasi sempre capita di assistere a  due gare  all'interno della stessa gara, metaforicamente parlando. Coloro che mirano ai primi posti della classifica sono i "big", ovvero coloro che fanno parte della categoria senior. Per quanto riguarda gli altri è considerato un buon risultato trovarsi ai piedi del podio e quindi tra i primi posti delle categorie juniores.
Poter partecipare a queste competizioni permette perciò di confrontarsi anche con atleti olimpionici. Sfruttare questi momenti non significa soltanto dare il massimo essendo al top della forma, ma poter osservare gli allenamenti, la gara e la gestione della tensione di alcuni dei tuffatori più forti del mondo. Nonostante siano atleti di altissimo livello riescono sempre a scambiare qualche parola con i giovani. Mi è capitato personalmente di parlare con Tania, magari prima di una gara di tuffi sincronizzati, dove lei e la sua compagna Francesca Dallapè sanno di non avere rivali. Si può dire che, pur essendo ben coscienti del loro talento, non ne vanno troppo fiere ma si comportano da normali tuffatrici che devono affrontare una gara. Tra un tuffo e l'altro, in allenamento, mentre si aspetta il proprio turno, capita sempre di parlare. Non solo di cose tecniche, anche di quelle più banali: quanto è fredda l'acqua, la voglia di mangiare un bel panino al bar, qualche nuovo pettegolezzo e così via. È sempre stimolante osservarle e capire, anche solo dai loro gesti, quanto riescano a concentrarsi senza perdere di vista l'obiettivo. Da loro ci si aspetta tanto e sono rare le volte che smentiscono le aspettative. Anche con Noemi Batki c'è un bel rapporto di squadra. Lei non è solo la regina della piattaforma, può essere anche un'amica più grande a cui chiedere un consiglio.
Molto spesso l'adrenalina sale già solo all'idea di dover gareggiare contro di loro. Altre volte capita di essere più tranquilli: nessuno mette troppa tensione, è già una fortuna essere lì. Poi, se tutto dovesse andar bene, sarà merito anche di come si è riusciti a controllare le emozioni essendo pienamente coscienti di come lavora la testa. Infatti, come dice nel suo libro "Che tuffo la vita" la pluricampionessa Tania Cagnotto, “Può sembrare strano, ma nei pochissimi istanti che trascorrono tra il fischio e il tuffo capita che ti passi per la testa di tutto. Magari pensi a chi è rimasto a casa, oppure a qualcuno che ti sta osservando dalla tribuna. Mi è capitato di sbagliare un tuffo perché non sono riuscita ad isolarmi completamente dall’ambiente che mi circondava: ho avuto un calo di concentrazione, roba di un attimo, e ho compromesso la gara. Io dico sempre che i tuffi sono per il novanta per cento una questione di testa. Puoi arrivare a un appuntamento importante al massimo della forma, ma se poi hai la capoccia da un’altra parte è finita”.
Per tale sport serve quindi un'elevata capacità di concentrazione. Proprio per questo, oltre all'allenamento quotidiano, vengono svolti regolarmente degli interventi con coach motivazionali, nel corso dei quali si possono imparare tecniche di gestione delle emozioni quando esse si presentano sotto forma di paura, rabbia, tristezza e anche gioia. Ognuno reagisce diversamente alle azioni compiute. Un tuffo mal riuscito può suscitare nell'atleta la tristezza per non aver raggiunto un obiettivo. Nello stesso tempo, se a prevalere è la rabbia, talvolta si riesce ad avere quella spinta che permette di proseguire la gara con più tenacia. Spesso lasciarsi gli errori alle spalle è una delle migliori cose che si possano fare.

Alice Poboni III F

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