Vorrei raccontare come è cambiata
drasticamente la mia vita, come è cambiato il mio mondo completamente in una
decina di minuti: la prima volta che sono andato a fumare in cortile. Questo
episodio esula dalla vita scolastica in sé, intesa come insegnamento e
apprendimento ma, se pur in modo negativo ha cambiato completamente la mia
esistenza dal giorno in cui sono nato ad oggi.
Trieste: la bora
rende il paesaggio simile a quello antartico; i muscoli sono congelati; solo un
piccolo alito di fumo esce dalla bocca degli studenti ammassati, come pinguini
covanti le loro uova, davanti il portone del liceo.
Entrati tutti gli
studenti, compreso me, saliamo sparpagliati le scale, come salmoni che cercano
di risalire la corrente di un impetuoso fiume.
In classe io non
stavo bene, la sera prima non avevo mangiato nulla, forse avevo anche qualche
linea di febbre; passate le prime due ore in stato comatoso, ebbi una delle
idee più nefaste che mi siano mai passate per il cervello: ”Forse una sigaretta
mi farà stare meglio”.
Sceso nel piccolo cortile del mio liceo,
chiesi a qualcuno una sigaretta. Il primo contatto fu subito sconvolgente: quel sapore amaro,
quasi di morte, al quale molti si sono abituati ma del quale pochi si sono
innamorati. Quell’aroma non piace a tutti, tanti li disgusta e, sebbene siano
fumatori incalliti, sputano per terra come lama andini. A me quel gusto piace
da morire. Morire: che cosa buffa, probabilmente aiuterà la mia fine quel gusto
di proibito che ti lascia insoddisfatto ogni volta.
Per l’olfatto fu
come una tortura, quella puzza che impestava le mie narici fu la sensazione
peggiore; infatti odio ancora il fumo che esce dal mio naso.
Poi arrivarono i problemi. Prima di tutti la tosse,
sì, quella tosse maledetta che mi accompagna da allora, quella tosse che
brucia, che gratta nei polmoni, che non è sana. Anche ora che scrivo questi
miei pensieri è con me, attanagliata alla mia trachea, e non vuole passare.
Successivamente
arrivò l’effetto della nicotina: quell’attimo di euforia che ti lascia con
quella sensazione al limite tra felicità irrisoria ed enormi sensi di colpa.
Ultima, ma non
per importanza, arrivò la dipendenza dal fumo, o meglio quella volontà di
sentirsi di nuovo sul confine, sul limite, senza la consapevolezza di ciò che
si sta facendo. Mamma mia, la dipendenza: odio sentire il suono di quella
parola; ogni volta che viene pronunciata, dalla mia mente scaturiscono immagini
crude, di una sigaretta schiavista, con la frusta, che mi costringe a
continuare, senza possibilità di scappare.
Bruciando quelle
foglie di tabacco, quell’attimo fugace di vita sprecata, volata via come foglie
secche al vento autunnale, il resto del mondo pareva immobile, concentrato su
quella brace, su quella fiamma malefica: non mi accorgevo della gente, del
pianeta che passa oltre, muto davanti all’ennesimo schiavo di Sua Maestà
Tabacco. È vero, alla gente
non importa se una vita viene bruciata così.
Si potrebbe
smettere, vero, me lo hanno ripetuto in così tanti che ho perso il conto. Ci ho
provato, ma non è facile, la mia vita non è facile, il mondo non è facile!
Io invidio
moltissimo i non fumatori, quelli “sani” e provo stima profonda per quelli più
forti, che sono riusciti a dire di no, a smettere, a fuggire dalle catene di
quel fumo così denso che ti impedisce di vedere davanti a te.
Ripensandoci,
quel cortile fu l’inizio di una lunga prigionia: infatti, ogni volta che esco
giù a fumare, sento la mia gabbia restringersi fino a quando le sue sbarre non
saranno così strette da impedire qualsivoglia movimento.
Certamente non si
tratta di un episodio importante, come un viaggio o una lezione particolare;
però credo che scuola voglia dire insegnare, e con questo mio racconto vorrei poter
dare la mia testimonianza a tutti i ragazzini che vogliono sentirsi più grandi,
che vogliono rendersi parte del gruppo iniziando a fumare. Non è vero. Tutto il
mio gruppo fuma ma questo non è importante. Mi avevano accettato ben prima del
mio inizio. Il fumo non aiuta a amalgamarsi, non ti rende più grande, anzi dire
di no dimostra una forza, un’intelligenza che non tutti hanno e, probabilmente,
nemmeno io possiedo.
Concludendo,
vorrei citare un aforisma di Sandro Pertini che ho trovato qualche giorno fa
navigando in internet. Leggendolo e riflettendo appare un lato molto positivo
dei fumatori, che la gente che non fuma non capisce: mentre questa, infastidita
dalle esalazioni, si lamenta dell’odore, i primi non si lamentano del fatto che
gli altri non fumino.
“Dai fumatori ho imparato la comprensione:
nessun fumatore si lamenterà mai di un non fumatore”
Alessandro
Seminara, ex studente del corso G
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