lunedì 27 marzo 2017

La sigaretta


Vorrei raccontare come è cambiata drasticamente la mia vita, come è cambiato il mio mondo completamente in una decina di minuti: la prima volta che sono andato a fumare in cortile. Questo episodio esula dalla vita scolastica in sé, intesa come insegnamento e apprendimento ma, se pur in modo negativo ha cambiato completamente la mia esistenza dal giorno in cui sono nato ad oggi.

Trieste: la bora rende il paesaggio simile a quello antartico; i muscoli sono congelati; solo un piccolo alito di fumo esce dalla bocca degli studenti ammassati, come pinguini covanti le loro uova, davanti il portone del liceo.
Entrati tutti gli studenti, compreso me, saliamo sparpagliati le scale, come salmoni che cercano di risalire la corrente di un impetuoso fiume.
In classe io non stavo bene, la sera prima non avevo mangiato nulla, forse avevo anche qualche linea di febbre; passate le prime due ore in stato comatoso, ebbi una delle idee più nefaste che mi siano mai passate per il cervello: ”Forse una sigaretta mi farà stare meglio”.
 Sceso nel piccolo cortile del mio liceo, chiesi a qualcuno una sigaretta. Il primo contatto  fu subito sconvolgente: quel sapore amaro, quasi di morte, al quale molti si sono abituati ma del quale pochi si sono innamorati. Quell’aroma non piace a tutti, tanti li disgusta e, sebbene siano fumatori incalliti, sputano per terra come lama andini. A me quel gusto piace da morire. Morire: che cosa buffa, probabilmente aiuterà la mia fine quel gusto di proibito che ti lascia insoddisfatto ogni volta.
Per l’olfatto fu come una tortura, quella puzza che impestava le mie narici fu la sensazione peggiore; infatti odio ancora il fumo che esce dal mio naso.
 Poi arrivarono i problemi. Prima di tutti la tosse, sì, quella tosse maledetta che mi accompagna da allora, quella tosse che brucia, che gratta nei polmoni, che non è sana. Anche ora che scrivo questi miei pensieri è con me, attanagliata alla mia trachea, e non vuole passare.
Successivamente arrivò l’effetto della nicotina: quell’attimo di euforia che ti lascia con quella sensazione al limite tra felicità irrisoria ed enormi sensi di colpa.
Ultima, ma non per importanza, arrivò la dipendenza dal fumo, o meglio quella volontà di sentirsi di nuovo sul confine, sul limite, senza la consapevolezza di ciò che si sta facendo. Mamma mia, la dipendenza: odio sentire il suono di quella parola; ogni volta che viene pronunciata, dalla mia mente scaturiscono immagini crude, di una sigaretta schiavista, con la frusta, che mi costringe a continuare, senza possibilità di scappare.
Bruciando quelle foglie di tabacco, quell’attimo fugace di vita sprecata, volata via come foglie secche al vento autunnale, il resto del mondo pareva immobile, concentrato su quella brace, su quella fiamma malefica: non mi accorgevo della gente, del pianeta che passa oltre, muto davanti all’ennesimo schiavo di Sua Maestà Tabacco. È vero, alla gente non importa se una vita viene bruciata così.
Si potrebbe smettere, vero, me lo hanno ripetuto in così tanti che ho perso il conto. Ci ho provato, ma non è facile, la mia vita non è facile, il mondo non è facile!  
Io invidio moltissimo i non fumatori, quelli “sani” e provo stima profonda per quelli più forti, che sono riusciti a dire di no, a smettere, a fuggire dalle catene di quel fumo così denso che ti impedisce di vedere davanti a te.
Ripensandoci, quel cortile fu l’inizio di una lunga prigionia: infatti, ogni volta che esco giù a fumare, sento la mia gabbia restringersi fino a quando le sue sbarre non saranno così strette da impedire qualsivoglia movimento.
Certamente non si tratta di un episodio importante, come un viaggio o una lezione particolare; però credo che scuola voglia dire insegnare, e con questo mio racconto vorrei poter dare la mia testimonianza a tutti i ragazzini che vogliono sentirsi più grandi, che vogliono rendersi parte del gruppo iniziando a fumare. Non è vero. Tutto il mio gruppo fuma ma questo non è importante. Mi avevano accettato ben prima del mio inizio. Il fumo non aiuta a amalgamarsi, non ti rende più grande, anzi dire di no dimostra una forza, un’intelligenza che non tutti hanno e, probabilmente, nemmeno io possiedo.
Concludendo, vorrei citare un aforisma di Sandro Pertini che ho trovato qualche giorno fa navigando in internet. Leggendolo e riflettendo appare un lato molto positivo dei fumatori, che la gente che non fuma non capisce: mentre questa, infastidita dalle esalazioni, si lamenta dell’odore, i primi non si lamentano del fatto che gli altri non fumino.

“Dai fumatori ho imparato la comprensione: nessun fumatore si lamenterà mai di un non fumatore”

Alessandro Seminara, ex studente del corso G

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