domenica 24 aprile 2016

Il Caso Regeni

IL CASO REGENI
LA VICENDA CHE HA PORTATO ALLA CAMPAGNA
“VERITÀ PER GIULIO REGENI”
PROMOSSA DA AMNESTY INTERNATIONAL

Il giorno 25 gennaio 2016 è scomparso in Egitto Giulio Regeni, un ex studente del liceo classico Petrarca di Trieste.
Originario del comune friulano di Fiumicello, il ventottenne si trovava dallo scorso settembre al Cairo per motivi accademici: stava infatti lavorando ad una tesi per conseguire un dottorato in politica economica all’Università di Cambridge. La sua passione per l’evoluzione socio-economica del Medio Oriente aveva fatto ricadere il suo interesse sulle attività sindacali egizie, a proposito delle quali si era messo in contatto con alcuni attivisti. Essendo i sindacati in netta opposizione con il regime militare attualmente in vigore in Egitto, sono tenuti sotto sorveglianza da parte del Mukhabarat, i servizi segreti locali; Regeni stesso iniziò a sospettare di essere pedinato dopo che lo scorso 11 dicembre venne fotografato mentre partecipava ad un’assemblea sindacale. Il giorno della sua scomparsa stava attraversando il centro città in metropolitana per recarsi ad un appuntamento, ma non è mai arrivato a destinazione. Lo stesso giorno si stavano tenendo in tutto l’Egitto grandi manifestazioni di protesta nei confronti del regime del generale Abdel Fattah al Sisi, in occasione del quinto anniversario della deposizione di Hosni Mubarak, ma le forze dell’ordine del Cairo hanno negato l’arresto dello studente. Questa dichiarazione è stata ripetutamente messa in dubbio dalle sostanzialmente frequenti denunce di scomparsa di oppositori al governo: di 191 casi di sparizioni 99 erano infatti dovuti a custodie cautelari da parte delle autorità.
Le peggiori paure sulla sorte di Giulio Regeni si sono concretizzate quando nove giorni dopo, il 3 febbraio, il giovane è stato trovato morto in un fosso alla periferia del Cairo. Anche se alcune fonti hanno affermato che il corpo, nudo dalla cintola in giù, presentava visibili segni di tortura, la polizia egiziana, diretta dal generale Khaled Shalabi, ha diffuso una versione differente dichiarando: “Non c'è alcun sospetto crimine dietro la morte del giovane italiano Giulio Regeni” e “Le indagini preliminari parlano di un incidente stradale”. Il Ministero dell’Interno egiziano si è inizialmente rifiutato di rendere visibile il corpo del ricercatore, richiuso in un obitorio controllato dalle forze di sicurezza, ma ha poi permesso   salma di Regeni venisse riportata in Italia dai genitori. L’autopsia condotta dai medici italiani ha accertato che sono state inflitte alla vittima innumerevoli sevizie, come forti percosse che hanno causato fratture ossee ed un’emorragia celebrale, ferite da armi da taglio al volto, bruciature di sigaretta e scosse elettriche, oltre all’esportazione di unghie ed orecchie. È stato inoltre appurato che le torture, succedutesi per circa sette giorni, sono state opera di individui esperti. I sospetti sono immediatamente ricaduti sul regime militare egiziano e si sono via via rinforzati a seguito della scarsa collaborazione da parte delle autorità locali con gli investigatori italiani, ostacolati nella ricerca di indizi dalle continue omissioni, reticenze e improbabili piste proposte dal Cairo. In aggiunta ai depistaggi, a rendere scettica l’Italia sono tutti i cambiamenti di versione delle forze dell’ordine egiziane, che sono state smentite più volte nel corso di due mesi.
Ad incrinare i rapporti tra l’Egittoe l’Italia è stata la testimonianza di un anonimo della polizia segreta egiziana al quotidiano La Repubblica, che ha accusato: “L'ordine di sequestrare Giulio Regeni è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza”. Il giovane ricercatore, rifiutandosi di rivelare le informazioni sulle attività sindacali egiziane in assenza dell’ambasciatore italiano, sarebbe stato interrogato e torturato a morte. Le speranze di una riconciliazione tra le posizioni dell’Italia e dell’Egitto sono andate deluse in seguito al recente incontro senza esito tra gli inquirenti dei due rispettivi Paesi, al punto che il servizio diplomatico dell'Unione Europea e gli Stati membri hanno invitato a sollevare con il governo egiziano la questione delle sparizioni forzate e del ricorso abituale alla tortura. È stata approvata una risoluzione del Parlamento Europeo per sospendere gli aiuti militari all’Egitto ed è stato perfino richiamato in patria l’ambasciatore italiano. Nonostante questi provvedimenti, bisogna però notare che esistono forti interessi economici e politici nel mantenere buone le relazioni con l’Egitto. Emblematiche sono le dichiarazioni del generale Al Sisi riguardanti le presunte “persone malvagie” colpevoli dell’omicidio ed animate dall’intento di screditare il governo egiziano: “l'obiettivo è colpire l'economia egiziana e isolare il Paese. Questa è una ritorsione per la grande guerra che l'Egitto sta conducendo contro le forze dell'estremismo e del terrorismo” senza escludere ”l’interesse a boicottare o bloccare l'ampia collaborazione tra Italia e Egitto sul fronte dell'energia e della sicurezza, in una fase di turbolenza in tutta la regione”. Significativi sono anche gli articoli di un funzionario italiano citati sul giornale Financial Times, che ricorda come negli ultimi tempi sia diventata sempre più stretta la collaborazione economica tra i due Stati e come alcune grandi società italiane siano in trattative per importanti accordi col Paese nordafricano. È stimato che gli scambi commerciali tra l’Italia e l’Egitto ammontino ad oltre 5 miliardi di euro, in aumento del 9,9% annuo.
Forse questi interessi economici potrebbero mettere a tacere il caso Regeni, ma sarà difficile fare altrettanto con le vicende delle 75 persone arrestate la stessa sera della sparizione dello studente, come i 191 episodi di decessi nelle prigioni egiziane a causa di maltrattamenti, come le suppliche delle 3.000 persone condannate a morte e come le voci dei 40.000 attivisti incarcerati in questi ultimi anni in Egitto.
Anche il liceo Galilei ha aderito alla campagna di Amnesty International “Verità per Giulio Regeni/Thruth about Giulio Regeni” affiggendo i relativi manifesti gialli con il logo di A. I. sulla porta della sede centrale e su una bacheca nell’atrio.

Marzio Pecar, IV F



Manifesti in atrio.


 Manifesti sulle porte d'entrata





Nessun commento:

Posta un commento

Dicci cosa ne pensi!